La scrittura cambia nel tempo, in base alle nostre esperienze e al nostro vissuto. In pratica cresce con noi, si evolve, matura o regredisce. Basta prendere dei diari di vecchia data e soffermarsi sulla grafia, mediante un confronto noteremo dei cambiamenti rispetto alla grafia odierna. La scrittura subisce un cambiamento che va di pari passo con noi. Cambia a seconda dello stato d’animo, avremo una scrittura differente a seconda se siamo nervosi, arrabbiati o gioiosi. Quando abbiamo un malessere emotivo come la rabbia, la paura o l’ansia, la nostra scrittura ce lo comunica. A chi di noi non è mai capitato di veder mutare la nostra scrittura in base al nostro stato d’animo.
Pochi giorni fa mi sono soffermata su una scrittura di un caro amico di vecchia data, di cui avevo già analizzato alcuni anni fa. Si stava separando dalla moglie e stava vivendo un periodo molto difficile della sua vita, la grafia ne era la prova di tale sofferenza. Un dolore molto forte che non gli permetteva di pensare ad altro, alle bellezze della vita o al suo lavoro. Si era chiuso, era diventato diffidente e privo di stimoli, aveva abbandonato il calcio, la passione di una vita, gli amici e si era ritrovato praticamente da solo, con il suo unico impegno lavorativo. La sua scrittura era fredda, vi erano una presenza massiccia di angoli, forme deformate, una pressione leggera, evanescente. Tratti ritoccati, continui ripassi e correzioni che tendono a sporcare il foglio inutilmente. Il calibro si presentava ridimensionato e la scrittura si discostava dal rigo di base tendendo verso il basso. Insomma, la sua scrittura parlava più di quanto lui stesso avrebbe voluto. Stava attraversando un periodo in cui dominava la tristezza. La grafologia, come analisi clinica sulle condizioni psicofisiche del soggetto scrivente è in grado di individuare quei segni che individuano lo stato emotivo. La presenza di tali segni esprimono il disagio e l’angoscia. Un singolo segno nella scrittura non può dirci nulla, ma trovare vari segni correlati tra loro, rivelano lo stato emotivo e il disagio dello scrivente. I segnali di allarme sono molteplici, ma vanno contestualizzati e valutati nel complesso. Egli non aveva più stimolo per la vita, tutto era diventato secondario e inutile. Si sentiva stanco, demotivato, malinconico e senza energie. Perfino il lavoro era diventato noioso e privo di interesse. A distanza di un paio di anni mi regala un libro con una sua dedica. Soffermandomi sulla grafia, ho ritrovato la persona che era sempre stata, la scrittura era completamente cambiata.
Premesso che le scritture non cambiano, nessuno di noi può cambiare volutamente la propria grafia o tantomeno stravolgerla. Anche se l’aspetto estetico può risultare differente, il gesto grafico sarà lo stesso. Cambia l’abito ma la persona sarà sempre la stessa. La grafia è un gesto spontaneo, personale e automatizzato che difficilmente lo scrivente riesce a modificare. Nella dedica del libro, ho ritrovato una scrittura “cambiata” ma con le stesse caratteristiche grafiche dello scrivente. Gli angoli si erano smussati rendendo la grafia più curvilinea, forme più arrotondate, una pressione più calcata rispetto alla precedente. Anche la direzione del rigo non era più tendente verso il basso, ma rispettava il rigo di base. Il foglio era diventato privo di correzioni o ritocchi inutili. Un cambiamento notevole e sicuramente favorevole per lui. Egli aveva riscoperto il piacere della vita. Aveva incontrato l’amore, non si sentiva più abbandonato e triste, all’opposto si sentiva amato, apprezzato e felice.
Con tale premessa ho voluto rispondere a una domanda che mi è stata posta, ossia “quanto incide lo stato emotivo sulla scrittura?”. Lo stato emotivo è parte integrante della scrittura, le nostre emozioni vivono con noi, e nel momento in cui ci accingiamo a scrivere riverseremo su quelle righe l’amarezza, la tristezza, le paure o la felicità del momento. Ogni emozione comporta cambiamenti corporei interni e visibili all’esterno; ogni emozione ha una sua specifica espressione facciale, un’emozione ci spinge a mettere in atto un comportamento specifico. Come si può immaginare di scrivere senza trasmettere inconsciamente il proprio stato d’animo! Tutto ciò che accade nella nostra vita, di come lo affronteremo e come lo vivremo, andrà a ripercuotersi nella scrittura. La perdita di una persona cara, una profonda delusione, la perdita del lavoro…tutto inciderà sul nostro modo di scrivere. Allo stesso modo una bella notizia, il raggiungimento di un obiettivo o l’amore per una persona travolgerà piacevolmente la propria grafia. Spesso capita di trovare biglietti di persone che di lì a poco si sono suicidate, il malessere dello scrivente lo si ritrova confermato nelle sue ultime volontà, nelle poche righe ritrovate. Ben differente è un biglietto inviato alla propria amata, le lettere degli innamorati oltre al lessico sdolcinato hanno segni grafici completamente differenti. Forme molto più arrotondate e morbide rispetto all’abituale “modus scribendi”. Scrivere è un gesto inconscio, che si attua senza un controllo razionale. Per questo motivo, è in grado di rivelare la vera natura intima e più profonda dello scrivente.
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